QUATTRO CHIACCHIERE SUL BIANCO & NERO
Parlare del Bianco & Nero [B&W] oggi, nell’era del digitale, sembra un discorso senza senso.
Quotidianamente centinaia d’immagini a colori riempiono i nostri sguardi e ci attraggono come le sirene di Ulisse.
Certo il mondo della fotografia a colori ci propone soluzioni visive più alla portata dell’esperienza di ogni giorno, mentre il B&W porta avanti delle immagini che vanno elaborate sensorialmente e ci costringono a un atto meditativo, riflessivo.
In una parola non sono la sorgente di un’emozione immediata.
Essa va ricercata, assaporata lentamente, un po’ come per un sommelier degustare un vino pregiato.
Oggi scattare una fotografia spesso significa mettere in atto un comportamento compulsivo così come è descritto molto bene dallo psicanalista Carlo Riggi nel suo libro “L’esuberanza dell’ombra”:
“Ai fotografi di oggi viene naturale disinteressarsi del tutto della scena per andare a compulsare l’esito di ogni scatto sul monitor della digitale – Fanno come le mamme che cominciano a prenotare le ecografie fin dal primo mese di gravidanza: ma, ditemi, quando lo concepiscono …il bambino …se lo vedono subito?!
Il reale irrompe, satura l’immaginazione e costituisce una barriera protettiva contro l’esperienza emotiva. Il dato esterno, oggettivato dall’immagine sul monitor, si sovrappone all’emozione che dovrebbe evocare, annullandola. Il compulsare il risultato dopo lo scatto digitale è un continuo rompere la tensione, uscire dalla situazione, sostituire una definizione a un’emozione.”
Chi ama il linguaggio del B&W non si lascia prendere la mano da queste frenesie, direi quasi psicologicamente iconoclaste, ma segue una sua progettualità, perviene ad un suo stile personale, senza rincorrere le mode del momento, non salta con incosciente indifferenza dalla fotografia del paesaggio al ritratto o alla foto di architettura.
Egli limita il suo campo espressivo e artistico a quello che meglio rappresenta la sua interiorità.
Grazie al cielo oggi è ancora facile reperire pellicole B&W e quindi optare per una scelta lessicale ben ponderata.
Tuttavia spesso il fotoamatore possiede solo un apparecchio digitale e quindi non può fotografare in B&W (oggi esiste solo la LEICA MONOCHROM come fotocamera digitale per il solo B&W), ma è costretto a convertire artificiosamente sempre e solo il colore in B&W. E questa è una seria limitazione culturale…
Questa limitazione tende a mettere in crisi il caposaldo della fotografia B&W: “La grammatica dei valori tonali”.
Comprendere in profondità la differenza tra il graduale dipanarsi di un’ombra verso la luce, come espressione di serena tranquillità e onirico oblio, oppure come il brusco calare dal nero al bianco stia a sottolineare il pathos, il dramma, il movimento violento (ma potremmo anche discutere del LOW KEY o del HIGH KEY, o di altre modalità espressive), esprimono le basi di una prerogativa espressiva irrinunciabile per trasferire sentimenti ed emozioni in un linguaggio astratto, ma psicologicamente codificato.
In conclusione il fotografo che “sente il B&W” nascere nel suo profondo deve acquisire la capacità, non facile e tuttavia indispensabile, di vedere in B&W; di pre-visualizzare l’immagine nitidamente nella sua mente, così come dovrà apparire nella stampa finale e tutto prima dello scatto…