FETICISMO E OMOSESSUALITÀ IN ROBERT MAPPLETHORPE
Robert Mapplethorpe nasce nel 1946 nel Queens e segue a Brooklyn una scuola di pittura e scultura, dove conosce personaggi del calibro di Duchamp.
La sua avventura nel mondo della fotografia inizia con l’acquisto di una Polaroid e successivamente di un’Hasselblad, con le quali, lavorando sempre in studio, riprende amici e modelli per la sua produzione artistica rivolta principalmente al ritratto.
Nel 1986 gli è diagnosticata una forma di AIDS, che lo porta a morte a Boston ne 1989.
Robert ha una carriera breve, ma con la sua fotografia segna un solco profondo nel mondo artistico del secolo scorso.
La sua fotografia risente molto dei suoi studi artistici, soprattutto nell’ambito della scultura, e la sua ricerca fotografica punta costantemente a un’analisi estremamente sofisticata e rigorosa del corpo, soprattutto maschile, attraverso l’analisi della sua anatomia.
Egli punta a un’osservazione maniacale delle ombre, delle luci e delle geometrie, che le strutture muscolari e dell’albero circolatorio disegnano sul corpo dell’uomo, soprattutto di colore, che per lui diviene un feticcio quale espressione di una mascolinità primitiva e selvaggia, contrapposta a quella più mitigata dell’uomo bianco.
Talora nella sua ricerca della perfezione scultorea del corpo, egli addirittura lo pone su un piedistallo e mima l’arte della perfezione degli attici, cadendo però verso un forma di vero e proprio kitsch, come in questo esempio:
Fotografie come questa testimoniano come l’autore a volte si faccia sopraffare da una spasmodica ricerca della perfezione per la scultura classica, perdendo di vista le sue potenzialità creative.
La fotografia che mi ha più colpito e che a mio parere riassume in sé molti, se non tutti, i semi dell’arte figurativa di Mapplethorpe è la seguente:
La prima caratteristica che salta all’occhio è che l’autore ha tagliato volutamente i volti. Questo potrebbe fare dire a molti che si tratta di una fotografia affetta da una grave carenza estetica, ma non è così.
Robert vuole subito chiarire che tutto il suo sforzo creativo è orientato verso un’interpretazione plastica dei corpi, pertanto i volti avrebbero distolto l’attenzione dell’osservatore, considerando la loro potenza espressiva.
Come da sua abitudine, retaggio degli studi di scultura, l’atteggiamento dei piedi ci rammenta subito che le pose sono assolutamente caratteristiche delle statue greche. Analogamente per le gambe e i lombi.
Procedendo con la nostra analisi possiamo notare che Mapplethorpe ci propone tre personaggi dai caratteri ben distinti, non soltanto per l’ovvia appartenenza sessuale, ma anche per il colore della pelle e per la consistenza della struttura muscolare.
Il maschio a sinistra ha una carnagione bianchissima e una struttura muscolare normale, con alcune piccole imperfezioni strutturali. La donna al centro ha una corporatura caratterizzata da una massa muscolare particolarmente sviluppata per il suo sesso e anche lei, comunque, presenta una lieve alterazione strutturale come la mammella destra (sinistra per chi guarda) più sviluppata della controlaterale e il colore della pelle più scuro, pur appartenendo a razza caucasica. Infine il soggetto a destra, di razza negra, presenta un corpo particolarmente muscoloso, armonico e perfetto in ogni aspetto.
Dall’analisi che abbiamo condotto fino a qui, possiamo cominciare a fare alcune considerazioni; nonostante che il maschio bianco abbia il maggiore risalto cromatico, che lo fa notare immediatamente, conferendogli una certa prevaricazione agli occhi dell’osservatore a dimostrazione di una sua presunta superiorità, il maschio nero ha tuttavia un corpo perfetto e potente. Da lui sembra erompere una forza vitale aggressiva e primitiva, che gli altri due soggetti non hanno, probabilmente per l’autore egli, pur in un secondo piano in quanto a importanza sociale, è un vero e proprio feticcio espressione della virilità e della forza maschile primitiva e “selvaggia”, tale da rappresentare l’idealizzazione del maschio omosessuale.
La donna con il suo corpo muscoloso, pur mantenendo una sua femminilità castigata, tende a mostrare essa stessa un che di virile, assumendo anche lei un ruolo androgino. Con la sua cute abbronzata si avvicina di più al soggetto negro, esprimendone alcune caratteristiche.
Per inciso devo menzionare che Robert ha conosciuto e utilizzato come modella Lisa Lyon, la prima donna campionessa di Body Building nel 1980. Quindi una donna che agli occhi dell’autore ha perso, almeno in parte, la sua femminilità e in un certo senso, con la sua muscolosità, potrebbe essere assimilata a un “altro” maschio…
L’aspetto prettamente plastico di questa fotografia va ricercato nel gioco grafico delle braccia e delle mani. Conoscendo il maniacale perfezionismo dell’autore per la scultura classica, viene subito alla mente la regola delle proporzioni auree, che a questa composizione conferiscono eleganza ed equilibrio, sottolineata anche dalle differenze cromatiche e dai pesi che esse sottendono.
Robert Mapplethorpe in questa fotografia riassume il suo mondo. Da un lato ci narra la sua concezione della sessualità, dove la donna, pur con una sua indiscutibile individualità, tende a confondersi con il maschio del quale assume alcune caratteristiche fisiche. Egli ci presenta la negritudine come il feticcio espressione della sensualità più alta in quanto a forza vitale e armonia del fisico. Il bianco, proprio in virtù del suo colore prorompente, assume un ruolo di dominatore, ma nel contempo dimostra anche la sua fragilità.
Massimo rigore tecnico e rispetto delle regole attiche della scultura classica, conferiscono equilibrio ed eleganza non comuni a questa fotografia vera espressione di genialità.