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alz_08Sapeste quante volte ho letto negli occhi dei parenti lo sgomento e la preoccupazione quando, mio malgrado, abbia dovuto comunicare loro che il congiunto presentava una diagnosi di demenza di Alzheimer.

Credo che sia una delle malattie più devastanti che una famiglia si trovi ad affrontare, sì giacché mentre l’agonia di un malato di cancro dura qualche mese, quella di un paziente con demenza può durare anche più di un decennio.

I miei Maestri sostenevano che l’Alzheimer è una malattia dei parenti ed è una verità sacrosanta. Mentre il malato perde ogni capacità cognitiva e quindi anche la coscienza della sua malattia, i congiunti vivono quotidianamente il peso di una progressiva degenerazione del carattere e della comunicazione, oltre che il lento e inesorabile decadimento fisico fino all’allettamento.

Come medico mi sono trovato spesso a cercare di immaginare cosa prova un malato in fase avanzata: come vede il mondo che lo circonda? Quali sensazioni possono affollare la sua mente? Come fotografo mi è balenato il problema di come tradurre in immagini quello, o meglio, come un paziente vede ciò che gli ruota intorno.

Innanzitutto lo spazio e il tempo. Ogni malato in fase avanzata, si trova relegato in un letto o su una carrozzina, dove trascorre gran parte della giornata con gli occhi fissi nel vuoto, in un ambiente ristretto. Persa la memoria del suo passato, incapace di pianificare il futuro, egli si trova imprigionato in un eterno presente, dove il giorno o la notte, le stagioni, le feste o le ricorrenze non hanno ragione di esistere.

I grafismi della scrittura non parlano più né alla mente, né al cuore. I nomi, i volti e tutto ciò che lo circonda, sono una novità permanente: la continua scoperta di un ossessivo e immutabile presente.

Anche gli oggetti di uso quotidiano, distorti da un’aprassia logorante, appaiono come estranei, nuovi, il cui utilizzo è ignoto.

In questa confusione totale, in questa destrutturazione dello spazio e del tempo, il paziente trova il suo spazio di sopravvivenza e, paradossalmente, proprio nella perdita della “cognizione del tutto” e della sua condizione, egli può cercare di vivere il suo eterno attimo presente.

Con le mie fotografie ho cercato di tradurre tutto ciò in immagini, sperando di esserci riuscito.

 

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Il parente ignoto
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