THANATOS: QUANDO LA FOTOGRAFIA RACCONTA LA MORTE
Raccontare la morte attraverso le immagini non è facile, nonostante che la fotografia ha degli stretti legami con la morte, come ci racconta Carlo Riggi nel suo libro “L’esuberanza dell’ombra”, dove, in qualità di psicoanalista, ha analizzato alcuni aspetti del rapporto fotografia e psicoanalisi:
“Fin dalla sua comparsa, la fotografia è stata associata all’idea della morte. La possibilità di riprodurre e tramandare istanti che, di fatto, già un attimo dopo lo scatto non esistono più, è stata considerata come un tentavo magico onnipotente di sconfiggere il senso della morte.”
Il temine stesso imago trova il suo significato in maschera funebre e proprio la fotografia, già con Nadar, iniziò a svolgere il ruolo di imago, per tramandare il ricordo dei defunti ai propri cari.
Nel 1800 e 1900 spasso la fotografia ha svolto le funzioni di imago a buon mercato, consentendo anche ai non abbienti di avere dei ricordi durevoli dei propri cari scomparsi.
Ma la fotografia non è solo ricordo, ogni giorno siamo travolti da immagini di persone morte in omicidi, attentati o in conflitti bellici, tanto che ormai indifferenti infialiamo la nostra forchetta negli spaghetti mentre scorrono le immagini del telegiornale che ci mostrano i corpi dei naufraghi affogati nell’affondamento dell’ultimo barcone.
Pertanto la morte ormai ci è così quotidianamente partecipata, da essere diventata uno spettacolo senza emozioni.
Nel mio piccolo ho cercato di affrontare il tema della morte e Thanatos rappresenta una ricerca sulla morte. Da medico, quale punto di partenza migliore se non un’autopsia?
Mi sono posto subito la problematica del rispetto. Rispetto verso la persona e quindi ho deciso di non presentare fotografie di volti in modo esplicito, magari facili esche emotive per “fare colpo” su coloro che con morboso voyerismo cercano solo una lettura superficiale dell’immagine. Ho al contrario, preso la strada del particolare, dell’allusione, del sottinteso. Una via che costringe chi visiona le immagini a non fermarsi alla lettura oggettuale, ma ad andare oltre. A vedere attraverso, a cercare significati che si nascondono dietro apparenze ovvie.
Il tema è ovviamente complesso e il mio intento è stato di affrontarlo sfruttando la concettualità simbolico-allegorica delle immagini.
Ho cercato di affrontare i diversi metodi di lettura della morte: attraverso la mitologia, la magia, l’emotività ancestrale, la razionalità, ricercando anche un filo comune che potesse cucire insieme lo svolgersi di una semplice autopsia con questi aspetti concettuali. Pertanto le mie fotografie raccontano della morte come fredda, anaffettiva attesa dell’inevitabile e successivamente come gli organi principali: polmoni, cuore ed encefalo, sede rispettivamente del simbolismo del pneuma (o soffio vitale), dell’affettività e del pensiero e della memoria siano via, via distrutti dall’intervento clastico della morte, che chiude in sé ogni segreto e porta alla sparizione completa del corpo. Una sola immagine richiama alla mente la morte come necessità di un atto esorcistico: il lavaggio del cadavere, considerato oggetto impuro, ma anche elemento di venerazione e di pietas.
CONSIGLIATO SOLO A PERSONE ADULTE
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