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Al fine di poter comprendere a fondo quest’argomento, la prima cosa da fare è dare una corretta definizione di arte.

Definire cos’è l’arte in realtà è un problema molto complesso perché a tutt’oggi non vi è assolutamente una concordanza di vedute.

Personalmente ritengo che una delle definizioni più azzeccate sia la seguente, tratta dall’ultimo volume di Pio Tarantini1:

 

“L’arte insomma, sintetizzando in una frase significativa, è la capacità di esprimere nel modo migliore la lettura del mondo e dell’esistenza umana attraverso un linguaggio innovativo e adeguato a una cultura storicamente determinata.”

 

In questa definizione coesistono due fondamentali parametri che dobbiamo avere sempre bene in mente durante tutta la discussione:

  1. La capacità di saper cogliere, una corretta lettura dell’argomento che si desidera affrontare, cioè un alto livello culturale;
  2. L’abilità di saper essere realmente innovativi, aggiungo io: con genialità, cioè di trovare nuove soluzioni al problema.

 

Clement Greenberg ha affermato che, mentre l’avanguardia (intendendola in generale come l’arte nella sua funzione di scoperta e invenzione) imita l’atto di imitare, il kitsch imita l’effetto dell’imitazione; pone in evidenza le reazioni che l’opera deve provocare, ed elegge come fine della propria operazione la reazione emotiva dell’utente.2

Possiamo così arrivare a una definizione di kitsch come atto comunicativo che ha come unica finalità la provocazione di un effetto emotivo e che insiste molto, sulla tecnica della reiterazione dello stimolo, sul fatto che esso stesso sia assolutamente fungibile: l’osservazione potrebbe essere intesa in termini di ridondanza.

I primi a usare questa tecnica persuasiva, mi riferisco ai nostri tempi, sono stati così detti i mass-media che hanno cercato di trasferire messaggi culturali di alto valore artistico verso una facile fruibilità, creando così una cultura di massa o “Massculture”, perdendo per strada gran parte degli aspetti estetici e contenutistici.

Venendo alla fotografia il kitsch trova quindi le sue radici nell’imitazione di spunti artistici precedenti come avvenne, per citare un caso, nei ritratti elaborati con il cosiddetto effetto Dragan, oppure con il voler facilmente provocare una reazione emotiva usando sintagmi ridondanti come spesso avviene nelle fotografie del paesaggio.

Pertanto gli ingredienti propri del kitsch in fotografia sono l’imitazione e la presenza nello stesso fotogramma di elementi atti a evocare facili reazioni emotive.

La fotografia kitsch per sua stessa necessità non richiede assolutamente una mediazione culturale per essere assimilata, ma al contrario, ha come primaria caratteristica l’immediata comprensione da parte del fruitore, il quale non deve fare il minimo sforzo mentale per poterne apprezzare i contenuti emozionali.

Si potrebbe pensare che le foto kitsch affondino sempre le loro radici in una fotografia colta, o comunque in un genere fotografico dove il contenuto artistico sia sicuramente preponderante, ma tante volte non è così: nella maggior parte dei casi i fotografi trovano la loro ispirazione in immagini già degradate da una degradazione culturale quali ad esempio le fotografie pubblicitarie.

In queste fotografie si raggiunge il massimo del kitsch, in considerazione del fatto che la loro funzione è di presentare un messaggio massificato, che abbia come caratteristica primaria l’immediata comprensione e che quindi sia completamente privo di ogni connotazione poetica, proprietà esclusiva delle vere opere d’arte.

Infatti, la poetica presenta sempre come sua peculiarità fondamentale, un’ambiguità concettuale che pone costantemente l’utente di fronte alla necessità di dover porre mano alle sue competenze per arrivare a una corretta interpretazione del messaggio nascosto nel codice.

Al contrario, quindi, nel kitsch il fruitore non deve fare nessuno sforzo interpretativo, non deve porre mano a un suo bagaglio culturale, anzi non è necessario alcun mediatore per afferrare il significato dell’immagine che ha di fronte, essa si propone come primordiale stimolo emotivo.

In queste situazioni scopriamo di avere abbassato il contenuto artistico della nostra fotografia a livello zero, ad averla privata di ogni sua connotazione di opera d’arte, anche se da un punto di vista della forma essa si presenta particolarmente gradevole e magari anche tecnicamente irreprensibile.

L’altra caratteristica che dobbiamo prendere in considerazione è la ridondanza.

Come abbiamo accennato sopra per ridondanza dobbiamo intendere la presenza di elementi ripetitivi il cui scopo è di provocare e rinforzare reazioni passionali per lo più elementari.

Per esempio analizziamo un paesaggio notiamo come gli elementi cromatici propri di una sovrasaturazione, l’acqua ripresa con tempi lunghi e analogamente dicasi per le nuvole che vengono ad assumere quel tipico aspetto morbido e serico, e il tutto condito da un classico sole all’alba o al tramonto, assumono il significato di una ridondanza di elementi emozionali il cui unico scopo è di rinforzare nel fruitore la certezza di una lettura corretta dell’immagine e, per contro, di un di un vero godimento di stimoli emozionali elementari.

Analogamente possiamo prendere in considerazione quei ritratti in cui le pose stereotipate, che le modelle assumono con penosa costanza, la presenza di elementi ammiccanti del volto, svolgono la funzione di una sollecitazione psicologica ripetitiva.

Ancora nella foto di street possiamo analizzare l’interazione tra uomo e cartellone pubblicitario, tra uomo e geometrie delle strisce stradali, tra mosso e sfondo.

Parlando delle fotografie naturalistiche potrei prendere ad esempio gli atteggiamenti stereotipati degli animali nell’atto di cogliere la preda, o altre amenità simili.

E potrei continuare per ore elencando problematiche analoghe per ogni genere fotografico.

Giustamente, allora voi tutti mi chiederete: “Ma tutto è kitsch? Cosa salviamo?”.

Beh io credo che valga la pena ripensare un po’ al nostro modo di fare fotografia (e questo vale anche e soprattutto per il sottoscritto che si mette in causa pienamente). Cerchiamo di trovare idee, metodologie innovative per esprimere compiutamente le nostre passioni, così come hanno fatto i vari autori come Goldin, Gursky, Navarro, Gordin e tanti altri che dovremmo prendere non come esempi, ma come stimoli per migliorare la nostra produzione artistica.

 

 

Biografia

 

  1. Pio Tarantini
    Fotografia araba fenice
    Editrice Quinlan, 2014
  2. Umberto Eco
    Apocalittici e integrati
    Editrice Bompiani, X edizione 2013

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